Er ist wieder da - Lui è tornato. Si intitola semplicemente così, dove per quel Lui si intende Adolf Hitler, il caso cinematografico tedesco di questa stagione. I trecentomila spettatori nei primi quattro giorni di programmazione in sala gli hanno garantito le prime pagine di quasi tutti i media nazionali e acceso un dibattito sull'attualità della figura del Führer. Sì perché il film, a sua volta tratto dall'omonimo best seller di Timur Vermes del 2012 (pubblicato in Italia da Bompiani), mescola finzione e candid camera.
Trama
Giorni nostri, Marzhan, popolosa zona est di Berlino. Tra i cespugli di un cortile condominiale si risveglia uno spaesato Adolf Hitler. Non si sa come e perché abbia viaggiato nel tempo, non lo sa neanche lui. I bambini che lo notano per primi non lo riconoscono. Lo fa un reporter di una trasmissione televisiva che si trova casualmente nei paraggi e lo filma. Pensa sia una perfetta imitazione dell'originale. I suoi discorsi risultano troppo assurdi, oggi, per sembrare veri. Il video ha migliaia di visualizzazioni su YouTube. La rete televisiva decide quindi di invitarlo nei suoi studi e presentarlo all'interno di uno spettacolo comico. Il pubblico ride, ma ascolta anche con molta attenzione. Hitler comincia a girare per le strade e parlare direttamente alle persone delle sue idee. E qui il film cambia registro. Niente più copione. Le comparse sono vere come in molte scene di Borat di Sascha Baron Cohen. Quando il falso Hitler si lancia in pensieri razzisti a difesa chi gli sta intorno non sempre sorride e basta, certe volte annuisce e rinfocola, con convinzione, le sue argomentazioni. Sanno bene di trovarsi accanto a un attore (Oliver Masucci), ma la videocamera spegne le loro inibizioni portandoli a una sincerità che, vista da fuori, fa un po' paura. "Potenzialmente un terzo dei tedeschi voterebbe un partito di destra in Germania se solo ce ne fosse uno credibile. Per fortuna l'NDP, il partito nazionalista, non lo è, ma bisogna fare attenzione alla nuova formazione Alternative für Deutschland. Formata solo da professorsi universitari, dietro il suo antieuropeismo, nasconde anche molti pensieri pregni di intolleranza e razzismo" ci racconta il regista trentottenne David Wnendt. "La mia generazione rischia di dimenticare il passato. Bombardati da un mare di informazioni e nozioni, si fa fatica a sviluppare senso critico e a leggere il presente con coscienza critica".
Commenti del regista e dei quotidiani
Cosa l'ha sorpresa maggiormente durante le riprese?
"Il sincero entusiasmo che molte persone mostravano al nostro falso Hitler. Alcuni salutavano con Sieg Heil come se nulla fosse. Davanti la porta di Brandeburgo un gruppo di italiani hanno voluto farsi un selfie con lui ed il braccio destro alzato. Si vede anche nel film".
Ha avuto modo anche di ascoltare le parole di chi simpatizzava con i concetti, per voi assurdi, per loro credibili del vostro falso Hitler?
"In periodi di crisi economica lo straniero è sempre il capro espiatorio. Ma non è questa l'unica ragione. Si cerca un leader. La Merkel lo è, ma a suo modo, manca di quel carisma che molte persone pensano debba esser alla guida di una nazione. Sono ignoranti che ragionano con la pancia visto che hanno poco da chiedere alla testa".
Molti giornali tedeschi, dalla Bild a Cicero, si sono sorpresi del successo del film...
"È normale che ci si chieda se tutti gli spettatori recatisi finora al cinema lo abbiano fatto solo per ridere di Hitler o anche per un pizzico di nostalgia. È bene che si parli di questo".
Come ha fatto a coinvolgere nel film anche i veri rappresentanti di Alternative für Deutschland?
"Il desiderio di molti politici apparire in video, o addirittura in un film, fa passare in secondo piano il contesto in cui si trovano. Non pensano di fare brutta figura, colgono il tutto come un'ulteriore vetrina per le loro idee. Mentre uno di loro parlava il nostro Hitler gli si è addormentato sulla spalla, ma lui ha continuato a parlare come se nulla fosse. Nel film appaiono anche due videoblogger neonazisti che preparano solo ricette vegane. Quando ci siamo proposti di intervistarli hanno detto subito di sì. A loro, anche un film Hitler, suscita entusiasmo".
Qual è la vera Germania? Quella che dichiara che accoglierà 500mila rifugiati nel 2015 o quella che lei pensa potrebbe votare in massa, fino al 30%, un partito fortemente di destra?
"Entrambe. La società tedesca si sta spaccando in due. E, per certi versi penso che sia una cosa positiva. Chi ha sempre pensato di potere fare finta di niente ora è obbligato a prendere posizione. L'interesse per la politica sta salendo. E più ci si informa più diventa difficile per certe idee continuare a circolare. Il populismo ha successo solo se c'è ignoranza. Anche da voi, con Berlusconi prima e la Lega Nord oggigiorno, è la prova che non solo in Germania il nazionalismo può pescare in larghe fette dell'elettorato. Bisogna stare in guardia".
Er ist wieder dauscirà anche in Italia?
"Per il momento non abbiamo un distributore italiano, speriamo che il successo che stiamo avendo in Germania attiri l'attenzione".
In Italia però un analogo film su Mussolini, con un finto Duce che gira per le strade, sarebbe possibile?
"Non so, dovreste dirmelo voi, anche se ho paura di ciò che si scoprirebbe".
Il film, tratto dal bestseller di Timur Vermes, è il caso cinematografico tedesco di questa stagione. Tra fiction e candid camera, il Führer riappare ai giorni nostri, diventa un fenomeno su YouTube e in tv. E riscuote insospettabili simpatie